King crimson - discipline
Conosco molte persone per cui sia opinione comune che gli anni '80 siano stati un periodo musicalmente nefando; se poi si parlasse di un gruppo con batteria elettronica e chitarra midizzata molti nasi si storcerebbero a prescindere. Eppure, anche stavolta Fripp fa il miracolo. L'incarnazione eighties del Re Cremisi ripesca Bruford dagli anni settanta e introduce gli americani Levin e Belew. I Crimson immediatamente precedenti distano otto anni, un secolo. Questi sono una formazione con una scrittura in cui la disciplina ritmica è affidata soprattutto agli arpeggi della chitarra di Fripp, con la batteria libera di punteggiare accenti e lo stick di Levin che fa da raccordo e motore. Ci sono canzoni propriamente dette, come l'ispiratissima Matte Kudesai, ma soprattutto parole e musica in semilibertà, improvvisazioni abilmente incanalate e inquadrate che non perdono la loro forza, ma anzi acquistano in suggestione; e intrecci, ritmici e melodici, di accenti ed arpeggi, chitarre (di Belew e Fripp) che suonano in tempi diversi e si incrociano quando ciò deve accadere. Idee, moltissime idee, in un disco che a tratti sembra addirittura pop e freddo, ma che ad ogni ascolto rivela qualche perla nascosta, qualche intreccio, piccolo colpo di genio di grandi musicisti. È difficile che un'opera del genere piaccia al primo ascolto, troppo avanti per gli anni 80, ma con suoni che li richiamano inevitabilmente. Ragione in più per mandarlo in loop e goderne ogni volta di più.
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